Proteggere gli asset da un possibile incidente è assolutamente importante. Ma la sicurezza – o meglio la gestione del rischio – è sempre, inevitabilmente, una questione di probabilità. In altre parole, bisogna essere sempre pronti anche a gestire lo sfortunato, improbabile, ma non impossibile rischio che qualcosa vada storto.
Il tema della business continuity assume poi una duplice valenza in ambito manifatturiero. Da una parte c’è chiaramente la continuità del “motore pensante” dell’azienda – quella componente IT che è presente in tutte le aziende. Dall’altra parte esiste lo specifico tema della cosiddetta continuità operativa, cioè la non interruzione (o la ripresa in tempi brevi) delle operations, delle attività produttive.
Il valore della continuità operativa
In occasione dei famosi attacchi Wanna Cry, aziende dei più svariati settori hanno sofferto danni enormi perché, semplicemente, non sono state in grado di ripartire velocemente. In alcuni ambiti, una sola ora di downtime può valere centinaia di migliaia di euro.
Quando si parla di “continuità operativa” si affronta un tema che è – se possibile – ancora più complesso rispetto alla continuità dei reparti IT. In produzione ci sono spesso centinaia, se non migliaia, di asset governati da una qualche forma di intelligenza: CPU sulle quali girano firmware e applicazioni governate da software. Con l’avventi dell’Industrial IOT ormai anche i sensori stanno diventando degli asset intelligenti, con tutti i pro e i contro del caso.
La questione è: in caso di failure, occorre ripristinare non soltanto l’hardware, ma anche la componente software. Quali aziende tengono un database ordinato nel quale hanno l’elenco di tutti gli asset e del relativo firmware, con un registro di tutte le modifiche e gli aggiornamenti apportati nel corso della loro talvolta decennale vita? La risposta è: poche. E in questi pochi, rari casi di aziende coscienziose, dove sono conservate queste versioni di firmware e software? Se non fosse vero, potrebbe venire da ridere al pensiero che in qualche caso il “tesoro nascosto” si trova su un floppy disk. Oppure in un CD-Rom, certo, custodito però dall’ex caporeparto chissà dove.
Eppure la tempestività di una ripartenza dipende anche da questi “piccoli” dettagli. Dettagli che possono rallentare le operazioni di ripristino di ore e comportare danni elevatissimi.
Gestire versioni e modifiche del software in maniera automatica
Per questo noi di ServiTecno vi consigliamo di dotarvi di un sistema strutturato che si faccia carico di tutto questo, permettendovi di mettere al sicuro i vostri asset ed essere pronti a ripartire anche nel peggiore dei casi.
MDT AutoSave è un tool che consente di proteggere la proprietà intellettuale dell’applicativo. Il salvataggio automatico salva una copia di ogni revisione del programma in un repository centrale: un luogo sicuro, una cassaforte dove custodire cartelle e backup degli applicativi alla quale è possibile accedere tramite un sistema di privilegi flessibile.
Ma permette anche di rilevare le modifiche fuori programma che vengono apportate sui diversi sistemi e device. È importante poter confrontare l’ultima copia del programma salvata e validata con quella fisicamente in esecuzione su ciascun dispositivo per identificare eventuali differenze. Se vengono rilevate differenze, vengono avvisate le persone competenti e inizia la gestione della variazione.
Infine, permette di recuperare rapidamente da modifiche non autorizzate. Con un archivio di tutte le revisioni del programma, è possibile ripristinare rapidamente l’ultimo programma approvato dopo una modifica non autorizzata.